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Il numero di luglio 2013 del Check Up Mezzogiorno mostra che l’economia delle regioni meridionali soffre pesantemente il perdurare della crisi e rischia di non cogliere i primi segnali di ripresa. Al Sud solo nei primi 3 mesi del 2013, hanno chiuso i battenti quasi 50mila imprese, 552 cessazioni al giorno. In totale con la crisi, dal 2007 al 2012, nel Mezzogiorno si sono registrate 131mila cessazioni con un saldo netto negativo di 15mila imprese perse. È in questa fase che diventa dunque prioritario difendere la base produttiva. Questo deve essere il punto fermo dell’azione del Governo sul Mezzogiorno: un utilizzo pieno ed efficace dei fondi strutturali, concentrato in particolare su impresa e lavoro. Il loro utilizzo però deve essere mirato: rifinanziamento del Fondo di Garanzia e ricapitalizzazione dei Confidi; sostegno agli investimenti delle imprese e agli acquisti di macchinari; riapertura dei cantieri di piccole e grandi opere; realizzazione dei Grandi Progetti infrastrutturali. Sono queste le quattro priorità su cui concentrare le risorse.
La collaborazione tra Confindustria Mezzogiorno ed SRM prosegue con l’analisi dello stato di salute delle imprese, fotografate nel quadro economico congiunturale. Il nuovo numero di “Check up Mezzogiorno” pur evidenziando i duri effetti economici e sociali della crisi, segnala, per le imprese meridionali, una ripresa delle esportazioni verso i mercati internazionali. Tale vivacità andrebbe peraltro accompagnata da una riflessione sulla adeguata dimensione aziendale per competere, in particolare per il tessuto imprenditoriale meridionale, caratterizzato da aziende di piccola dimensione. C’è da osservare che l’incremento delle società di capitali al Sud, doppio rispetto al Centro-Nord, rappresenta un ulteriore segnale di buon auspicio se unito ad una maggiore predisposizione alle reti o alla aggregazione di imprese volte a superare lo scoglio dimensionale.
Prosegue la timida ripartenza dell’economia del Mezzogiorno avviatasi nel corso del 2015, ma il suo ritmo si mantiene ancora contenuto. Le stime del Check-up Mezzogiorno, curato da Confindustria e SRM, confermano, infatti, il miglioramento delle prospettive dell’economia meridionale per il 2016, come evidenziato dai valori dell’Indice Sintetico dell’Economia Meridionale: per la prima volta dall’inizio della crisi, tutti e cinque gli indicatori utilizzati (PIL, Export, Occupazione, Imprese e Investimenti) fanno registrare valori positivi. Secondo le stime, dovrebbe proseguire nel 2016, sia pure più lentamente (+0,5%), la crescita del prodotto registrata nel 2015, quando il PIL era cresciuto nelle regioni meridionali più che nel resto del Paese (+1,1% contro lo 0,6% del Centro-Nord). Le previsioni per il 2017 (+0,7%) vedono proseguire questa moderata espansione. Una robusta accelerazione dei processi di crescita, già a partire dai primi mesi del 2017, è dunque urgente e decisiva, e deve avere al centro l’impresa meridionale.
Secondo il rapporto Confindustria-SRM, l’economia meridionale tiene un passo moderato, ma sempre più lento rispetto a quello seguito negli ultimi due anni, spinto dagli investimenti delle imprese, in particolare di quelle manifatturiere, e da una discreta performance sui mercati esteri. La fiducia resta abbastanza positiva, così come discrete restano le attese delle imprese industriali riferite a produzione e ordini. Ma i risultati meno lusinghieri delle micro imprese, tuttora prevalenti al Sud, il rallentamento dell’occupazione e del credito bancario, la situazione congiunturale complessiva del Paese e, soprattutto, una crescente debolezza dell’attore pubblico nel sostenere, con gli investimenti, la crescita economica dipingono una immagine del Mezzogiorno in cui gli elementi di preoccupazione iniziano a farsi più evidenti, e con essi a divenire più concreta la prospettiva di un rallentamento del ritmo di crescita.
Questo speciale Check up Mezzogiorno, predisposto in occasione delle Assise Generali di Confindustria a Bergamo è stato realizzato da Confindustria Mezzogiorno, Servizio Studi Intesa Sanpaolo e SRM – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno. Il report propone una riflessione articolata sull’industria meridionale, dalla quale è possibile ricavare una fotografia dai contorni piuttosto netti, e per molti versi sorprendente, di come gli imprenditori del Mezzogiorno stiano uscendo dalla crisi economica, e delle principali tendenze di medio-lungo periodo.
Secondo la tradizionale analisi di mezza estate condotta da Confindustria e SRM, il Sud, nei primi mesi del 2019, vede affievolire la sua capacità di spinta, e i segnali di frenata, già ampiamente visibili a fine 2018, rischiano di diventare veri e propri arretramenti.
Anche nel 2018, continua la lenta risalita dell’Indice Sintetico dell’Economia Meridionale elaborato da Confindustria e SRM, in aumento di circa 10 punti rispetto al 2017: tutti e 5 gli indicatori che compongono l’indice fanno segnare un piccolo miglioramento, che si fa tuttavia sempre più lieve, in particolare con riferimento al Pil, all’occupazione, agli investimenti e alle imprese, mentre continua la crescita dell’export. È ancora lontano il recupero dei livelli pre-crisi: il consumo procapite di energia elettrica è del 9,4% inferiore a quello del 2007.
Ha smesso di crescere il numero delle imprese: dopo molti trimestri di aumento, infatti, nei primi mesi del 2019 le imprese attive sono meno di 1milione settecentomila (esattamente come un anno fa). All’interno di questo insieme, aumentano le imprese di capitali, che sono al Sud ormai quasi 330mila, con una crescita del 5,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma di queste, solo 25mila hanno più di 9 dipendenti.
Più investimenti e più lavoro per risalire la china
Decelerazione anche sul versante occupazionale. L’andamento resta stagnante, si riducono le ore pro capite e aumenta la cassa integrazione. 1/3 dei nuovi assunti al sud sono a tempo parziale e con titoli di studio inferiori, l’occupazione si riduce tra i laureati. L’emergenza occupazione giovanile non accenna a ridursi, lavora meno di 1 giovane su 4.
Anche per l’export, che negli anni scorsi era l’indicatore che aveva tenuto a galla l’economia meridionale, si assiste ad una inversione di tendenza con un andamento altalenante (-2,8% nei primi nove mesi del 2019 rispetto allo stesso periodo del 2018). Resta positivo l’export turistico con una spesa dei viaggiatori stranieri che cresce dell’1,8%.
Il pacchetto di misure dedicate al Mezzogiorno contenuto nella Legge di Bilancio costituisce una prima importante risposta al rischio di avvitare l’economia meridionale in una spirale recessiva difficilmente sostenibile. Ma il rafforzamento strutturale della capacità competitiva dei territori resta un obiettivo imprescindibile: da perseguire mediante l’irrobustimento del tessuto produttivo, il rilancio degli investimenti pubblici e privati, un potenziamento della PA a supporto delle imprese.
Segnali di ripartenza al Sud. Si infittiscono i segnali positivi, secondo il rapporto, è necessario sostenerli nel 2016 con l’accelerazione dei programmi UE 2014-20 e il Credito d’imposta per gli investimenti. I segnali di vitalità dell’economia meridionale, visibili già nella prima parte dell’anno, si sono infittiti, tanto da far prevedere la possibilità di valori timidamente positivi per il PIL meridionale già alla fine del 2015. Secondo le stime di Confindustria e SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo), il PIL del Mezzogiorno dovrebbe infatti tornare a salire dello 0,2% nel 2015 ed in maniera un po’ più robusta nel 2016 (+1%): in un caso e nell’altro, però, la crescita attesa è inferiore a quella del resto del Paese.
Oltre 40 mila imprese in meno; investimenti in calo di oltre 29 miliardi di euro; quasi 700 mila posti di lavoro perduti; 125 mila lavoratori in Cassa Integrazione; quasi una persona su due ha rinunciato a cercare un lavoro regolare; PIL in calo di oltre 51 miliardi di euro. Questo il bilancio di sette anni di crisi secondo il Check-up Mezzogiorno, elaborato da Confindustria e SRM per fare il punto sullo stato di salute dell’economia meridionale. Un rapporto che evidenzia un Mezzogiorno sfiduciato, ma ancora ricco di risorse e di imprese che hanno rinviato i loro investimenti in attesa di prospettive più chiare, e che hanno bisogno di un tessuto sociale e soprattutto istituzionale che reagisca con vigore. Il recupero della fiducia appare pertanto la principale ricetta di politica economica capace di agganciare il Sud alla possibile ripresa del 2015: lo sblocco di questo stand-by può venire da uno stimolo esterno.
Secondo il rapporto Confindustria-SRM, dopo un 2016 che ha visto crescere le regioni del Sud in linea con la media nazionale, le anticipazioni relative al 2017 confermano la tendenza alla crescita, che dovrebbe proseguire anche nel 2018, con un incremento del PIL superiore all’1%. Gli indici di fiducia, non lontani dai massimi, confermano questa intonazione moderatamente positiva. Questa tendenza è confermata dall’Indice Sintetico dell’Economia Meridionale (elaborato da Confindustria e SRM) che mostra tutti gli indicatori in crescita. Il Mezzogiorno prosegue dunque la sua risalita: i risultati consolidati negli ultimi due anni e le previsioni per il prossimo sembrerebbero confermare che la ripartenza dell’economia meridionale ha agganciato in maniera stabile quella del resto del Paese, nonostante i numerosi fattori di freno. E i risultati per molti versi migliori, sia pure da diverse basi di partenza, di molte regioni meridionali, rispetto al resto del Paese confermano che esistono effettive potenzialità per la progressiva riduzione dei divari. La combinazione di condizioni favorevoli e dinamismo imprenditoriale può fare del 2018 un anno davvero chiave per le prospettive future dell’economia del Mezzogiorno.
In questo nuovo numero di “Check up Mezzogiorno” viene fotografato un Mezzogiorno “al bivio”, sospeso tra recessione e speranze di ripresa. Trascorsi infatti quattro anni dall’inizio della crisi economica mondiale, Confindustria Mezzogiorno ed SRM realizzano un bilancio dei valori “persi” – e in alcuni casi non ancora recuperati – dall’economia meridionale in questo lasso di tempo.
La recessione ha colpito più profondamente il Mezzogiorno rispetto al resto del Paese, tuttavia iniziano ad essere visibili alcuni segnali di inversione di tendenza. La crisi ha favorito una ulteriore selezione da parte del mercato, con l’espulsione delle imprese meno competitive e l’aumento delle società di capitali, segno di un ispessimento lento, ma costante, del tessuto produttivo meridionale. Le esportazioni sono tornate a crescere e qualche segnale positivo si intravede anche nel mercato del lavoro. Si consolida inoltre la leadership delle regioni meridionali nel campo delle energie rinnovabili e riprendono gli arrivi turistici.
L’Indice Sintetico dell’Economia Meridionale continua a scendere e registra, nel 2020, secondo le stime preliminari, un calo di oltre 40 punti rispetto all’anno precedente, il più basso registrato a partire dal 2007. Gli effetti recessivi della pandemia sul PIL nel 2020 si prevede che siano appena meno pronunciati nel Sud (-9%) rispetto al Centro-Nord (-9,8%), ma comunque consistenti; per il 2021 e 2022 la ripresa del Mezzogiorno si prospetta invece sensibilmente più debole (rispettivamente +1,2% e +1,4%) rispetto al Centro-Nord (+4,5% e +5,3%). Alcune variabili evidenziano però anche una capacità di “resilienza” dell’economia meridionale, sulla quale puntare la ripresa, accelerando l’impiego delle risorse UE già disponibili e di quelle programmate già dall’anno prossimo.
Il quadro che emerge in questa edizione del Check-Up Mezzogiorno sulla congiuntura 2020 è quindi quello di un Sud che ha cercato di resistere all’impatto socioeconomico della pandemia e di sfruttare tutte le opportunità offerte da numerosi strumenti di sostegno e limitate misure di rilancio adottati nel corso dell’anno, in attesa della definitiva approvazione della Legge di Bilancio e del PNRR: un Sud che resiste in attesa di una nuova e più efficace politica per la ripresa.
Continua la risalita del Mezzogiorno, trainata dalle sue imprese: questa, in sintesi, la fotografia che emerge dal Check Up di metà anno che Confindustria e SRM (centro studi del Gruppo Intesa Sanpaolo) dedicano all’economia e alla società meridionale. Dopo un 2015 che ha visto crescere le regioni del Sud più della media nazionale, le anticipazioni relative al 2016 confermano la tendenza alla crescita moderata, che dovrebbe proseguire anche nella prima parte del 2017.
Tale tendenza è confermata dall’Indice Sintetico dell’Economia Meridionale, elaborato da Confindustria e SRM, che mostra tutti gli indicatori in crescita (come già alla fine del 2016). In particolare, continua la crescita del PIL (+0,9% nel 2016), su livelli non molto lontani da quelli del 2015 (+1%), trainata dall’industria in senso stretto (il cui valore aggiunto è cresciuto, nel 2016 del 3,4%, oltre 2 punti in più della media nazionale). Quattro indicatori su cinque, ad eccezione dell’export, sono – tuttavia- ancora al di sotto dei livelli pre-crisi.
I primi, timidi, segnali positivi tornano ad essere registrati anche al Sud dopo 7, lunghissimi, anni di crisi ininterrotta: il primo, simbolico aumento dell’occupazione (+0,8% nel primo trimestre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014) è il più recente di tali segnali. Altrettanto più significativo è il dato sull’utilizzo della Cassa Integrazione, che si è sostanzialmente dimezzato rispetto allo stesso periodo del 2014. Siamo ben lontani dal valore del 2007, ma si tratta di un segnale abbastanza chiaro di stabilizzazione dell’economia meridionale, come lo è il buon andamento del fatturato per le imprese meridionali di medie dimensioni: segnali che sembrerebbero indicare il progressivo arrestarsi della caduta e l’avvicinarsi di una possibile inversione di tendenza.
Secondo il rapporto Confindustria-SRM, l’economia del Mezzogiorno prosegue nella sua lenta ma costante risalita che ha caratterizzato gli ultimi due anni:i segnali positivi restano prevalenti, ma il ritmo con cui i valori pre-crisi vengono recuperati è ancora contenuto, anzi si registra qualche rischio di rallentamento. Per il secondo anno consecutivo, tutti e cinque gli indicatori che compongono l’Indice Sintetico dell’Economia meridionale elaborato da Confindustria e SRM (relativi a ricchezza prodotta, livelli occupazionali, numero delle imprese, export e investimenti) sono positivi. L’Indice registra un’accelerazione nel 2017 (+15 punti), ma rimane ancora di 40 punti al di sotto del valore pre-crisi del 2007. Il PIL 2017 conferma la previsione di una moderata crescita (+1,4%), che consente al Mezzogiorno di tenere il passo con il resto del Paese: la fiducia si mantiene elevata, e le previsioni per il 2018 (+1,1%) confermano tale tendenza, ma con un andamento leggermente più contenuto. I principali segnali di vitalità vengono dalle imprese il cui numero continua ad aumentare (9.000 in più). Cresce il numero delle imprese in rete (sono ormai quasi 7.000) e quello delle Start Up Innovative (oltre 2.100). Alle 190 mila imprese giovanili, iniziano ad aggiungersi quelle finanziate da “Resto al Sud”, il nuovo strumento di promozione d’impresa per i giovani meridionali con oltre 3.500 domande di incentivo presentate in pochi mesi.
In questo numero del Check up Mezzogiorno – realizzato congiuntamente dall’Area Mezzogiorno di Confindustria e SRM-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno – emerge un il quadro di un Mezzogiorno a diverse velocità, con ritardi da colmare e tendenze da incoraggiare. Un Mezzogiorno che non mostra ancora segnali di uscita dalla morsa della crisi, “zavorrato” com’è da deficit strutturali che non accennano a migliorare, da una persistente fragilità economica e patrimoniale del suo apparato produttivo, a iniziare da quello industriale nonostante alcune importanti eccellenze distribuite su tutto il territorio meridionale che ancora competono e crescono, da evidenti difficoltà a rispettare il cronogramma di spesa dei sostegni messi a disposizione dall’Europa.
Dopo la piccola ripartenza del 2015, nella quale è cresciuta per la prima volta negli ultimi anni più del Centro-Nord, l’economia del Mezzogiorno è in cerca di conferme nei primi mesi del 2016, quando i segnali positivi devono tenere conto di elementi di incertezza interni ed internazionali che possono condizionarne le prospettive.
Secondo il Check-up Mezzogiorno, curato da Confindustria e SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) i segnali sono contrastanti: le previsioni sulla crescita del PIL restano (di poco) positive (+0,3% nel 2016, secondo le ultime stime), ma le incognite rimangono elevate, sia per fattori interni, sia di instabilità internazionale.
Il clima di fiducia delle imprese, pur restando più elevato della media degli ultimi anni, registra nella prima parte dell’anno un andamento più incerto proprio nel meridione, cosi come la percezione dei consumatori sul clima economico.
Il numero di luglio 2013 del Check Up Mezzogiorno racchiude in pochi dati la durezza degli effetti della crisi sull’economia del Mezzogiorno, che ha conosciuto nel 2013 il suo punto più basso. E i primi mesi del 2014 confermano questa tendenza negativa: il saldo tra imprese iscritte e cessate è negativo per oltre 14mila unità. Dall’inizio dell’anno hanno infatti cessato la propria attività 573 imprese meridionali al giorno, con i fallimenti in crescita del 5,7% rispetto allo stesso periodo del 2013.
L’Indice Sintetico del Checkup elaborato da Confindustria e SRM è sceso nel 2013 al di sotto del minimo registrato nel 2009. A deprimere l’Indice è soprattutto il dato degli investimenti pubblici e privati, diminuiti di quasi 28 miliardi tra il 2007 e il 2013: un calo di oltre il 34%, con punte di quasi il 47% nell’industria in senso stretto e del 34% nell’agricoltura e nella pesca, che pure sono settori in cui è forte la specificità del Mezzogiorno. In particolare, frenano gli investimenti pubblici: tra il 2009 e il 2013, infatti, la spesa in conto capitale nel Mezzogiorno si è ridotta di oltre 5 miliardi di euro, tornando ai valori del 1996, contribuendo alla riduzione del numero e del valore degli appalti pubblici. In calo di numero, ma soprattutto di valore (da 8,6 miliardi a poco più di 5) sono anche le gare di partenariato pubblico-private bandite nel Mezzogiorno.
Al termine del sesto anno consecutivo di crisi, il Mezzogiorno ha bruciato una fetta significativa della propria ricchezza: tenendo conto delle stime per il 2013, saranno 43,7 i miliardi di euro di PIL perduti dall’economia meridionale tra il 2007 e il 2013. L’analisi di Confindustria ed SRM mostra alcuni timidi segnali di crescita osservabili a fine 2013, ma anche se questi verranno confermati, il vero pericolo è che si possa produrre nel 2014 una debole “ripresa senza occupazione”, in cui i posti di lavoro creati non saranno sufficienti a compensare quelli perduti per effetto della ristrutturazione in atto. Ciò rende urgente un cambio di passo nel generale orientamento delle politiche economiche del Paese e, in particolare, delle politiche di sviluppo per il Mezzogiorno. Da un lato è necessario intervenire con urgenza per realizzare alcune delle riforme strutturali; dall’altro, con particolare riferimento al Mezzogiorno, è fondamentale il ruolo che possono svolgere le Politiche di Sviluppo, sia nel breve, sia nel lungo periodo.
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