25
Giu
2025
Rassegna stampa

Deandreis (SRM): Poco probabile una chiusura di Hormuz, l’Italia acceleri su porti e diversificazione energetica

Il rischio di una chiusura dello Stretto di Hormuz nel pieno del conflitto in Medio Oriente continua a tenere alta l’attenzione, perché le ricadute sul commercio mondiale di petrolio e sulla sicurezza marittima potrebbero essere importanti. Secondo Massimo Deandreis, direttore generale di Srm, centro studi e ricerche per il Mezzogiorno che fa capo al gruppo Intesa Sanpaolo, un blocco prolungato dello Stretto è però uno scenario poco probabile, ma rappresenta un campanello d’allarme per il sistema portuale italiano e per la necessità di diversificare le rotte energetiche.

Una interruzione prolungata del traffico marittimo attraverso lo stretto di Hormuz, da anni centro per il commercio mondiale di petrolio e gas naturale, rischia infatti di avere “impatti per i Paesi che hanno traffici marittimi di forniture energetiche che interessano le rotte arabe” e per l’Iran stesso, dunque è “poco probabile una sua chiusura”, ha spiegato Deandreis ad “Agenzia Nova”. L’importanza strategica dello Stretto è indiscutibile. “Per lo Stretto di Hormuz transita il 27 per cento del traffico mondiale via mare di petrolio greggio e raffinato ed è il primo choke point mondiale per passaggio di volumi di energie fossili con 880 milioni di tonnellate caricate sulle petroliere, circa tremila navi al mese”, ha ricordato Deandreis. Un eventuale blocco prolungato avrebbe conseguenze significative. “Se dovesse avvenire un suo blocco prolungato vi sarebbero impatti per i Paesi che hanno traffici marittimi di forniture energetiche che interessano le rotte arabe”, ha avvertito il direttore di Srm, evidenziando come le principali economie asiatiche sarebbero tra le prime a subirne gli effetti. “È il caso, ad esempio, di Cina, India e Giappone che sono i primi tre importatori di petrolio greggio proprio via Hormuz”, ha spiegato. Ma non solo i grandi Paesi asiatici, anche gli Stati produttori della regione sarebbero penalizzati. “Occorre considerare che la chiusura dello Stretto impatterebbe molto negativamente anche sugli stessi paesi arabi che vi si affacciano come Emirati Arabi, Arabia Saudita, Qatar e Kuwait che utilizzano le navi per i loro traffici energetici – ha sottolineato Deandreis – senza contare che per lo stesso Iran lo Stretto è un passaggio fondamentale per l’esportazione del proprio greggio”. Per questo, il rischio di una chiusura totale appare al momento remoto. “Questi sono elementi che dovrebbero indurre a considerare poco probabile una chiusura, soprattutto se prolungata, che sarebbe inoltre una violazione del diritto di libera navigazione. L’annunciata tregua allontana questa pericolosa ipotesi”, ha osservato.

Sul fronte italiano, l’eventuale blocco di Hormuz avrebbe comunque ripercussioni sui traffici energetici, in particolare su alcuni porti strategici”...Leggi l'articolo completo su NOVA NEWS

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