Nell’ambito della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico 2025, SRM ha presentato il rapporto “Quando la cultura incontra le comunità”, realizzato con la collaborazione del Laboratorio Percorsi di secondo welfare. Il documento propone una lettura nuova e inclusiva del ruolo delle istituzioni culturali, considerate non più come semplici luoghi di conservazione, ma come presìdi civici capaci di generare benessere, coesione e partecipazione. Musei, biblioteche e siti archeologici diventano così veri e propri hub comunitari, strumenti attivi di welfare culturale e sociale, in grado di contribuire allo sviluppo dei territori e di rafforzare il capitale relazionale delle comunità.
L’analisi mette in luce un’Italia culturalmente vitale: nel 2024 i musei e siti archeologici statali hanno accolto oltre 60,8 milioni di visitatori, generando 382 milioni di euro di introiti. Tuttavia, il Mezzogiorno – pur ospitando circa il 40% dei musei italiani – concentra solo il 14% degli introiti e poco più del 13% dei visitatori. La Campania emerge come regione trainante, con 26 musei e 33 aree archeologiche, seguita da Puglia e Calabria. Il patrimonio culturale meridionale, vasto e diffuso, custodisce potenzialità enormi ma ancora inespresse, a fronte di criticità legate a fruizione, accessibilità e infrastrutture. Eppure, proprio dal Sud arriva un segnale importante: gli 88 siti archeologici localizzati nell’area hanno attratto 8,6 milioni di visitatori e generato 65,8 milioni di euro, più della metà degli introiti nazionali del comparto.
Accanto ai numeri, il rapporto introduce una riflessione di grande respiro sul concetto di welfare culturale, in linea con la Convenzione di Faro del 2005 che riconosce il diritto di ciascuno a partecipare alla vita culturale e a prendersi cura del patrimonio come bene comune. Le istituzioni culturali sono così interpretate come infrastrutture sociali capaci di stimolare appartenenza e fiducia, di contrastare la povertà educativa e di attivare processi di rigenerazione urbana e territoriale. Il modello di governance partecipata, che coinvolge cittadini, enti pubblici, imprese, terzo settore e volontari, diventa il cardine per superare approcci verticali e costruire nuove forme di corresponsabilità condivisa.
In questo contesto, i Partenariati Speciali Pubblico-Privati assumono un ruolo strategico: non una forma di privatizzazione, ma uno strumento innovativo di gestione condivisa che rafforza la cooperazione tra istituzioni e attori locali, favorendo la nascita di alleanze strutturate e durature. La partecipazione diretta delle comunità e la collaborazione con soggetti privati permettono di valorizzare i beni culturali in modo sostenibile, creando valore sociale ed economico diffuso. Un altro tassello fondamentale è rappresentato dal volontariato culturale, che in Italia coinvolge oltre 800 mila persone attive in più di 41 mila organizzazioni non profit. I volontari operano come ponte tra istituzioni e cittadini, alimentando una cultura del dono e della cura, con un forte senso civico e un impegno quotidiano nella valorizzazione del patrimonio collettivo.
Il Rapporto raccoglie anche cinque esperienze emblematiche di innovazione e partecipazione nel Mezzogiorno: il Museo Diffuso dei 5 Sensi di Sciacca, le Catacombe di Napoli, la piattaforma digitale CartApulia, la Biblioteca di Aversa e i Palmenti rupestri di Ardauli in Sardegna. Tutti esempi che dimostrano come la cultura, quando è condivisa e co-progettata, può diventare una leva di inclusione, lavoro e sviluppo locale, capace di ridurre le disuguaglianze e rafforzare l’identità collettiva.
Le raccomandazioni di policy delineate da SRM puntano a colmare il divario di fruizione nel Mezzogiorno attraverso un insieme di azioni integrate: migliorare l’accessibilità fisica e digitale del patrimonio, sostenere l’educazione culturale, valorizzare il ruolo delle istituzioni come hub educativi, investire in competenze professionali legate alla gestione partecipata e promuovere l’innovazione digitale come strumento di coesione. Fondamentale anche il sostegno al volontariato e la semplificazione burocratica, per liberare energie e facilitare l’attuazione di progetti culturali radicati nelle comunità locali.
Il quadro che emerge è quello di una cultura capace di rigenerare i territori, creare nuove opportunità economiche e sociali e ridare centralità alle persone. Musei, biblioteche e parchi archeologici diventano luoghi dove il passato incontra il futuro, in un’ottica di sostenibilità, innovazione e partecipazione. La cultura, soprattutto nel Mezzogiorno, può e deve essere il motore di un nuovo modello di sviluppo, più equo, coeso e fondato sulla qualità delle relazioni umane e sul protagonismo delle comunità.
«La cultura rappresenta – dichiara Salvio Capasso Responsabile Servizio Imprese e Territorio di SRM - un fattore determinante per la crescita dei territori perché contribuisce a costruire capitale relazionale, a ridurre la povertà educativa e a generare valore economico e sociale duraturo. È uno strumento di coesione e di sviluppo che favorisce partecipazione, consapevolezza e fiducia. Per questo diventa fondamentale promuovere modelli di governance pubblico-privata capaci di integrare risorse, competenze e visioni, così da rendere la cultura un motore permanente di inclusione e di progresso per le comunità».
Il quinto numero della collana "Cultura e Archeologia per un turismo sostenibile di qualità" è realizzato con la collaborazione del Laboratorio Percorsi di Secondo Welfare. Il documento propone una lettura nuova e inclusiva del ruolo delle istituzioni culturali, considerate non più come semplici luoghi di conservazione, ma come presìdi civici capaci di generare benessere, coesione e partecipazione. Musei, biblioteche e siti archeologici diventano così veri e propri hub comunitari, strumenti attivi di welfare culturale e sociale, in grado di contribuire allo sviluppo dei territori e di rafforzare il capitale relazionale delle comunità.
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